Alessandro Carugini Pink Floyd: Another Brick In The Wall

Pink Floyd: Another Brick In The Wall

Another Brick In the Wall è un brano musicale dei Pink Floyd (so che lo sapete tutti, ma serve per fare un po’ di SEO! ;) ), ed è suddiviso in tre parti. Fu pubblicato il 30 Novembre del 1979 nel concept album The Wall, forse il più conosciuto della band inglese dopo The Dark Side Of The Moon e Wish You Were Here.

La canzone, scritta da Roger Waters, ha un accento autobiografico molto prevalente soprattutto nella parte I. Il bassista dei Floyd approfondirà il tema della morte del brano nell’album successivo della band, The Final Cut, ma questa è un’altra storia!

La parte II fu rilasciata come singolo in tutto il mondo ed ottenne ottimi riscontri in fatto di vendita, raggiungendo le vette della classifica dei singoli più venduti un po’ ovunque nel mondo.

Andiamo a fare un’analisi sommaria delle tre parti analizzando il testo e la parte ‘visual’ relativa al cult di Alan Parker, del 1982, The Wall. Se non lo avete visto, smettete di leggere ed andate a vederlo subito; se lo avete già visto, smettete di leggere ed andate a rivederlo!

Parte 1:

Con questo pezzo entriamo nel vivo dell’opera floydiana! Il brano è il continuo musicale e narrativo della canzone The Thin Ice e Pink, il protagonista, cresce e capisce che il padre è morto in guerra. Questo lo distrugge moralmente e fa sì che cominci a costruire intorno a sé il “The Wall”.

La canzone ha un tono tranquillo e pacato ma verso il finale, quel tono tanto tranquillo, si trasforma in un sorta di grido al termine della quale inizia un lungo e sommesso assolo di chitarra elettrica. La voce di Waters percorre i ricordi con struggente intensità, sempre accompagnata dal ritmo saltellante del suo basso. La parte più suggestiva del brano si ha quando l’autore-cantante ha una brusca impennata vocale sulle parole: “Daddy, what d’ya leave behind for me?” declamando un urlo lancinante.

Nel film, durante questo brano, possiamo vedere la madre di Pink che prega in una chiesa piangendo la morte del marito in guerra mentre il figlio gioca con il modellino di un aereo. Poi, usciti, Pink sale su una giostra ma quando l’uomo che lo ha aiutato a salire si allontana con il proprio figlio, Pink lo segue e tenta di prenderlo per mano. Viene respinto più volte e, alla fine, si siede da solo su un’altalena. Appare evidente la dolorosa mancanza di una figura paterna che contribuirà all’inizio della costruzione del muro.

Parte 2:

La seconda parte ricalca idee e temi già presenti nel primo mattone. Abbiamo un brano di protesta contro la rigida istruzione in generale, in particolare contro i collegi scolastici. Pink è cresciuto, è un adolescente e scrive poesie sul suo quadernino nero ma ciò non è visto di buon occhio dai professori che lo riprendono in continuazione davanti ai compagni di classe, rendendolo lo zimbello di tutti.

Di conseguenza Pink sogna il giorno in cui i ragazzi avrebbero cominciato a protestare insorgendo contro gli insegnanti troppo severi. Nel contesto metaforico dell’album, gli insegnanti sono visti da Pink come l’ennesimo mattone del suo muro psicologico. Il ragazzo vede inoltre una realtà parallela in cui un’immensa fila di studenti privi di volto marciano al ritmo della canzone lungo un sentiero che li incanala inesorabilmente verso un tritacarne ma appena inizia l’assolo di chitarra di Gilmour gli studenti si ribellano, distruggono la scuola usando dei martelli e, infine, la incendiano. Il filmato si conclude con Pink che si accarezza la mano che il professore ha colpito ferocemente con un righello.

Questo pezzo è un tutt’uno con il brano precedente The Happiest Days of Our Lives, collegati da un urlo di Roger Waters. La batteria ed il basso sono in primo piano e, in sottofondo, è possibile sentire la chitarra di David Gilmour che esegue un lungo assolo sul finale. Al termine del tutto è possibile ascoltare i tipici suoni di un cortile di una scuola e degli insegnanti che riprendono alcuni ragazzi; il brano termina con lo squillo di un telefono e un profondo sospiro che fanno da preludio a Mother, a mio modesto parere uno dei punti più alti dell’intero disco.

Another Brick In The Wall Part II fu pubblicato come singolo nel 1979 e conquistò la cima delle classifiche inglesi per cinque settimane. Negli USA rimase primo in classifica per quattro settimane. Il brano fu un successo ovunque arrivando al primo posto in Germania Ovest, Austria, Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Israele, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Sud Africa, Svezia e Svizzera. In Italia e Spagna si classificò al secondo posto tra i singoli più venduti mentre in Olanda raggiunse un onorevole quarto posto. Grazie a questo pezzo i Pink Floyd ricevettero una candidatura ai Grammy Awards per la migliore esecuzione di un duo o un gruppo rock, ma persero contro Against the Wind di Bob Seger. Inoltre il brano è al 375° posto nella lista dei 500 migliori brani musicali di tutti i tempi secondo Rolling Stone.

Nel 1980 la canzone fu adottata come inno dagli studenti neri durante la rivolta di Elsie’s River, in Sudafrica, per protestare contro l’apartheid; il risultato fu che il 2 maggio 1980 la canzone fu censurata in quello stato. Questo portò al ritiro di alcune copie dalle stazioni radio e alla censura dalla “South African Broadcasting Corporation”, che stampò sulle copertine interne e sulle etichette la scritta rossa “WARNING Not Suitable For BROADCAST”; lo stesso avvenne per le edizioni di importazione. Inoltre venne sostituita la classica copertina di mattoni con copertine arancioni della SABC. In un articolo scritto da Dick Tracy e Andrew Tyler, non solo c’è la conferma di quanto sopra descritto ma, addirittura, scrivono che il singolo ‘Another Brick in the Wall part II’ e l’intero album fu dichiarato “pregiudizievole per lo stato del Sud Africa” e per cui bandito dal territorio nazionale e dalle stazioni radio.

Una curiosità sul coro degli studenti che molti non conoscono. I Pink Floyd ingaggiarono un coro di ragazzi composto dagli studenti di musica del professor Alun Renshaw dell’Islington Green School. Benché la scuola avesse ricevuto una somma forfettaria di 1000 sterline, non ci fu nessun accordo con i componenti del coro riguardo ai diritti d’autore. All’epoca sembrava un qualcosa da niente, ma se ci pensiamo bene, nessuno dei partecipanti prese mai un centesimo dalle vendite del disco. Nel 1996, grazie ad una riforma sulla legge relativa al copyright, acquisirono il diritto di guadagnare la quota che spettava loro e la rivendicarono.

Parte 3:

La terza ed ultima parte di questo master pièce è la più corta e, a mio avviso, la più potente! È quasi del tutto simile alla prima parte, ma ha dei toni più forti e lo strumento che prevale, come nelle altre due parti, è il basso che martella l’ascoltatore. Musicalmente è interessante l’assenza dell’assolo di chitarra, che ha caratterizzato il finale delle altre due parti.

In questa ultima sezione, Pink completa il suo muro inserendo un mattone portante del tutto, resta nella sua solitudine trasformando tutti i suoi conoscenti in laterizi consapevole che non ha bisogno di niente (I don’t need no drugs to calm me) e nessuno(I don’t need no arms around me), si rinchiude nel suo mondo lasciando tutto e tutti fuori.

La goccia che fa traboccare il vaso e dà il colpo finale è il tradimento della moglie. Bella la sequenza del film, dove vediamo il protagonista che preso dalla rabbia distrugge il suo televisore con una chitarra elettrica mentre la canzone scorre ed il basso ci colpisce come un martello. Il brano prosegue accompagnato da una serie di sequenze che mostrano gli eventi che hanno contribuito alla costruzione del muro.

Tutti voi avete sicuramente ascoltato questi tre brani singolarmente, ma adesso vi consiglio di ascoltare e vedere questo video per capire la disperazione ed il disagio di Pink.

Adesso che siete ‘caldi’, andiamo al core business di questa rubrica: le cover di questo brano! Chiaramente, un simile pezzo è stato coverizzato da tutti quindi spero che la selezione fatta sia di vostro gradimento!

Buon ascolto e non alziamo muri… ALZIAMO IL VOLUME!

1994 – Acid Drinkers: Versione trash metal di questo gruppo polacco. Nati nel 1986 hanno al loro attivo ben 14 album in studio ed uno dal vivo. Nel 2007 vennero chiamati alla realizzazione dell’album The Metal Museum – Covered in Metal 2, che vede diversi artisti del ‘metallo’ fare cover di brani pop di successo. Tra i 16 partecipanti all’album spiccano nomi quali Marlyn Manson, Lacuna Coil, Judas Priest e Social Distorsion.

1998 – Class Of 99: Riletto in chiave rock dai Class of ’99, una super band di breve vita composta dai membri di alcuni famosi gruppi rock: Layne Staley degli Alice in Chains come vocalist, Tom Morello dei Rage Against the Machine e degli Audioslave alla chitarra, Stephen Perkins dei Jane’s Addiction alla batteria, Martyn LeNoble dei Porno for Pyros al basso e Matt Serletic alle tastiere. Questi cinque musicisti collaborarono a realizzare le cover di Another Brick in the Wall Part I e II per la colonna sonora del film The Faculty di Robert Rodriguez. Nel 1999 il singolo di questo brano venne pubblicato con l’etichetta Sony International e conteneva le versioni di Another Brick in the Wall parte 1 e Another Brick in the Wall parte 2 più Haunting Me eseguita dagli Stabbing Westward. Per quanto riguarda il film… se siete da soli in casa e non avete grosse pretese…

2004 – Korn: Questa non è una cover! Questo è un rifacimento di un classico brano rock che la band statunitense ha preso, destrutturato e ricostruito a loro immagine e somiglianza. Hanno dato una nuova veste ad un classico in maniera non banale rendendolo molto attuale per il periodo (2004). I Korn hanno preso tutte e tre le parti di Another Brick creando un solo lungo pezzo e concludendolo con le parole del brano che chiude il primo lato del disco The Wall, Goodbye Cruel World. La versione in studio dura oltre i 7 minuti, ma la versione che vi propongo è stata eseguita dal vivo nel 2012 durante un’esibizione della band all’importante Festival di Szigest, una delle manifestazioni musicali più importanti d’Europa che si tiene a Budapest, in Ungheria, sull’isola di Obuda!

2015 – Hollywood Vampires: Un altro super gruppo rende omaggio ai Pink Floyd: gli Hollywood Vampires, nati a Los Angeles nel 2015 e formati da Alice Cooper, Joe Perry e Johnny Depp in onore del The Hollywood Vampires, un club per rockstar fondato da Alice Cooper negli anni settanta. Il brano è fatto in chiave rock, con l’inconfondibile voce Alice che la fa da padrona! Il pezzo dei Floyd viene suonato in una versione mash up con un altro famosissimo brano di Cooper School’s Out, un vero e proprio inno della generazione studentesca degli anni settanta.

1994 – Francesca Pettinelli: Come sempre cerco di chiudere con una cover fatta nel nostro paese… A questo giro non era semplice, ma vi voglio lasciare con una perla: direttamente da ‘Non è la Rai’… tratto dall’album Dance With Francesca del 1994 e primo lavoro in studio della cantante del programma televisivo che in quell’anno giunse alla sua quarta ed ultima stagione. Comunque già il titolo dell’album vi fornisce un valido indizio circa il trattamento ‘subito’ dall’iconico brano di Waters. Tutto sommato un bel tuffo nel passato a quando eravamo giovani!

Elio e le Storie Tese: Questa è per farmi perdonare l’ascolto precedente… Chiudiamo con una bella risata!

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