Come tutti sapete Space Oddity è un brano di David Bowie pubblicato come singolo l’11 luglio 1969. Oltre ad aver raggiunto i primi posti della classifica inglese due volte a distanza di sei anni, detiene il primato di essere il singolo del Duca Bianco più venduto nel Regno Unito e rimane una delle sue canzoni più note, tanto da essere ormai entrata nella cultura di massa. All’inizio del 1970 venne pubblicata la versione cantata in italiano, dallo stesso Bowie, dal titolo ‘Ragazzo solo, ragazza sola’, con un testo di Mogol non attinente a quello originale. Oltre a ottenere il disco d’oro in Italia nel 2015 e il disco d’argento nel Regno Unito nel 2016, Space Oddity è stata inclusa tra le “500 canzoni che hanno plasmato il rock and roll” nella Rock and Roll Hall of Fame. Adesso che ho finito di sciorinare numeri per convincervi, se ce ne fosse bisogno, della sua grandezza e bellezza andiamo a parlare del brano e del suo testo ovvero la storia del viaggio spaziale del ‘Major Tom’.
Appunto, la storia di un viaggio nello spazio, permeata però di mistero: «Riguarda l’alienazione», disse una volta Bowie, aggiungendo di essere molto portato a immedesimarsi col protagonista. Nel luglio 2002, in un’intervista rilasciata alla rivista Mojo, il cantante è tornato sul significato del brano affermando che Space Oddity parla solamente «del sentirsi soli». Infatti nel 1969, la carriera di Bowie non era per niente decollata, anzi, il suo sogno di sfondare nel mondo pop stava svanendo piano piano, così come stava naufragando la sua relazione con Hermione Farthingale che toccò il fondo durante la registrazione del video ‘Love You Till Tuesday’. Il giorno dopo tale registrazione, David andò in studio e incise una prima versione di Space Oddity, in cui frasi come ‘I think my spaceship knows which way to go (Penso che la mia astronave sappia dove andare)’ contribuiscono a far vedere il brano come rassegnazione e accettazione di un destino preordinato. Inoltre, la perdita di “controllo” potrebbe avvalorare la visione della perdita di un qualcosa di stabile ed importante. Il verso ‘Planet Earth is blue, and there’s nothing I can do’ ci regala una doppia lettura: quella romantica, «Il Pianeta Terra è triste e non c’è nulla che io possa fare» oppure una semplice citazione della prima frase pronunciata dal cosmonauta sovietico Jurij Gagarin durante il volo orbitale attorno al pianeta. Molto interessante ciò che scrisse Neil McCormick sul Daily Telegraph nell’ottobre del 2009 ovvero che «il protagonista del brano decide di andare alla deriva piuttosto che tornare su un pianeta in cui si ritiene impotente». Eppure, anche se alienazione e solitudine rappresentano possibili chiavi di lettura, Space Oddity non è un brano del tutto cupo e disperato: soprattutto all’inizio il testo suona come il gioco di due ragazzi che simulano un viaggio spaziale e Bowie usa spesso parole “infantili” al posto di quelle che utilizzerebbe un adulto come ad esempio “astronave” invece di “razzo”, “conto alla rovescia” invece di “sequenza di accensione” e anche il nome “Major Tom” sembra quello di un eroe anni cinquanta piuttosto che di un reale astronauta degli anni 70.
Essendo in pieno periodo LSD, chiaramente si può trovare anche un sotto testo legato a questa droga sintetica nel “trip” del Maggiore Tom: il conto alla rovescia, il decollo e il «fluttuare nel modo più strano» potrebbero essere riferiti all’assunzione della droga e al suo effetto. In seguito il cantante ha ammesso di aver intrattenuto negli anni 1960 una relazione con le droghe, affermando di essere stato attratto «semplicemente dal mistero e dall’enigma di provare un’esperienza nuova» e nel 1980 è tornato sull’argomento sull’NME in occasione dell’uscita di Ashes to Ashes: «C’era la grande esplosione tecnologica americana che ha spinto questo ragazzo nello spazio, ma una volta arrivato non era del tutto sicuro del perché fosse lì. Ed è lì che l’ho lasciato… Una volta resosi conto che l’intero processo che lo spinse lassù è decaduto, è entrato in un processo di decomposizione. Ma lui vuole tornare nel rassicurante grembo, sulla Terra, dove tutto è iniziato… Si tratta di uomini dello spazio diventati dei drogati».
Finita la lezione, veniamo al motivo per cui siete qui: COVER! Moltissimi sono gli artisti che hanno inciso nel corso degli anni la loro versione di Space Oddity. Avevo pensato di elencarli tutti… ma non lo faccio, andate voi a cercare le varie versioni di questo brano! Io vi riporterò solo quelle che secondo me meritano una menzione particolare!
1969 – David Bowie: Versione originale del 1969. La voce della sala controllo è del collega di Bowie, John ‘Hutch’ Hutchinson.
1970 – David Bowie: Con il titolo Ragazzo Solo, Ragazza Sola viene data alle stampe la versione in lingua italiana di Space Oddity anche se il testo, scritto da Mogol, non ha nessuna attinenza con quello originale dato che racconta la storia di un ragazzo e una ragazza abbandonati dai rispettivi amori.
1993 – Saigon Kick: la band americana, nel terzo album intitolato Water, inserisce questa cover ed onestamente non mi aspettavo nulla di che… Sorprendentemente, mi hanno sorpreso. Non hanno rielaborato il brano, sono rimasti molto fedeli all’originale ma hanno dato un tocco di freschezza al brano.
1997 – Brix Smith: una cantante e chitarrista americana, meglio conosciuta come chitarrista solista e autore di canzoni per la band post-punk inglese The Fall. Nel 97 pubblica un Ep solista, Happy Unbirthday, che contiene questa versione un po’ diversa del classico di Bowie. Una rilettura in chiave ‘gotich rock’ con la voce erotica di Brix che la fa da padrona nella parte iniziale del brano, per poi tirare fuori il suo lato rock che ci porta alla conclusione del brano.
1998 – Cold: gruppo rock poco conosciuto dalle nostre parti, vantano due dischi d’oro e più di due milioni di copie vendute solo negli USA. La loro versione è molto particolare, molto intensa. La voce del cantante Scooter Ward ci porta in quel mood di solitudine e tristezza interpretando a pieno la tesi dell’abbandono citata all’inizio di questo articolo.
2000 – Tulus: anche il black metal incontra il Duca Bianco con una versione ancora più lenta rispetto all’originale. Molto interessante il cantato ‘godibile ed ascoltabile’ durante ciò che il Maggiore Tom dice alla stazione di controllo.
2002 – Star One: questo gruppo olandese prog rock reinterpreta in maniera più pesante e più scura il brano di David mantenendo molto simile la linea vocale e melodica.
Queste sono le versioni che preferisco, in quanto danno una visione diversa e personale del grande classico di David Bowie. Ci sono altre grandi cover di artisti di primo piano come Helloween, Def Leppard, Tangerine Dream, Flaming Lips, Korn e Marylin Manson e anche Morgan insieme a Megahertz fece la sua versione di Space Oddity. Ci sono molti altri che si sono cimentati nel coverizzare questo brano ma a me piace segnalarvi qualcosa che spero non conosciate, mi piace stimolare la vostra curiosità. Proprio per questo chiudo l’articolo con due cover italiane:
1970 – I Computers: prima cover del brano italianizzato da Mogol e cantato dallo stesso Bowie. Questa cover, intitolata ‘Ragazzo solo, Ragazza Sola’ è fatta da un duo abbastanza sconosciuto chiamato Computers. Sembrano un po’ Simon & Garfunkel e la loro versione ottiene più successo rispetto a quella di Bowie. Fantastico! Mi preme segnalare che questo brano non costituisce uno dei migliori esiti artistici di Mogol: fatica a elaborare in modo davvero intenso un’idea che poteva essere anche buona, l’incontro di due anime sole nella notte metropolitana. Il ragazzo solo appena abbandonato dall’amore della sua vita e la ragazza sola che cerca di consolarlo restano due figure opache a causa di una certa rigidità verbale (forse dovuta al fatto che David fosse inglese e non era in grado di cantare alcune parole?) che cerca di spostare l’attenzione su un livello più concettuale, come dimostrano le strofe: “Dimmi ragazzo solo dove vai/ Perché tanto dolore? / Hai perduto senza dubbio un grande amore/ Ma di amori è tutta piena la città.”
1970 – I Giganti: una delle primissime cover italiane di questo brano, intitolato ‘Corri Uomo Corri’. Il testo è di Mogol e stavolta si mantiene coerente all’originale, anche se il protagonista prende il nome di Capitano John e lo ammanta di considerazioni filosofiche sul sogno di onnipotenza del genere umano. Improbabile il dialogo tra John e la torre di controllo! Ascoltate e divertitevi e godete dell’assolo di organo che è puro prog rock. Tra le altre sembra che questo assolo sia fatto da Vince Tempera…